Intervista a Francesco Sinopoli
Al segretario nazionale della FLC CGIL abbiamo chiesto una valutazione sul capitolo che il contratto di Governo dedica alla scuola.
Partiamo dalla prima impressione sul testo del contratto
La valutazione del “contratto” per quanto riguarda la scuola parte inevitabilmente da una domanda alla quale non mi sembra ci sia risposta: quali investimenti sono previsti per dare dignità e forza alla scuola pubblica?
Prima di tutto da qui si dovrebbe partire. Ciò consentirebbe di affrontare altri nodi che nel contratto non sono toccati anche se attraverso una interpretazione “estensiva” forse ricavabili da testo. Si vuole lavorare per la generalizzazione della scuola dell’infanzia, l’estensione del tempo pieno e prolungato nella scuola del primo ciclo, il ripristino del lavoro laboratoriale nella scuola superiore, l’innalzamento dell’obbligo a 18 anni, la riconduzione a massimo 900 alunni per scuola nel dimensionamento scolastico, la certezza del reclutamento docente, ata e il concorso per dirigente e dsga ?
Ma lei sta facendo parecchie domande…
Se è per questo ce ne sono anche altre.
Gli oltre 100 mila posti autorizzati annualmente sull’organico di fatto docente e ata saranno stabilizzati al fine di garantire continuità didattica e del servizio?
Vogliamo costruire scuole non solo sicure, ristrutturando quelle che hanno deficit edilizi, ma anche costruendone di nuove e belle su standard che siano all’altezza della nuova didattica ?
E ancora, si vuole riconoscere che vi è un problema grande grande, che è quello dell’equiparazione degli stipendi dei nostri docenti a quello degli stipendi della media dei Paesi Ocse?
E le risorse per il contratto 2019-2021 saranno stanziati nella legge di stabilità del 2019?
In altri termini c’è la volontà politica di definire i livelli essenziali delle prestazioni nell’istruzione come prevede la Costituzione?
Fermiamoci qui, per favore. Vuole fare qualche valutazione nel merito?
Valutando il programma come FLC partiamo dalle proposte che abbiamo avanzato nella nostra assemblea “la scuola che verrà”. A quelle proposte rinviamo e con quelle proposte chiediamo al Governo che verrà di aprire un confronto.
Leggiamo invece affermazioni su altri aspetti, che, seppur condivisibili, come il riferimento all’alternanza scuola lavoro e al suo fallimento nella forma attuale, nulla tuttavia fanno intravedere su cosa si intende fare e soprattutto con quali risorse le si intende fare. Si tratta di un testo molto generico che chiaramente non può rappresentare un programma di governo senza essere adeguatamente implementato.
Il contratto lascia intuire che la legge sulla Buona Scuola avrà vita breve. E’ così?
Affermazioni del tipo: “l’istruzione deve tornare al centro del nostro sistema” “superare (le riforme inadeguate come la Buona scuola) con urgenza per consentire un necessario cambio di rotta, intervenendo sul fenomeno delle cd. “classi pollaio”, dell’edilizia scolastica, delle graduatorie e titoli per l’insegnamento” “garantire ai nostri docenti una formazione continua” oppure ”garantire la presenza all’interno delle nostre scuole di docenti preparati ai processi educativi e formativi specifici “a tutti gli studenti deve essere consentito l’accesso agli studi, nel rispetto del principio di uguaglianza di tutti i cittadini” in sé sono condivisibili.
E se si cancellano gli ultimi residui della buona scuola che tuttavia abbiamo già messo in discussione con il Contratto (sia per quanto riguarda la chiamata diretta che il cosiddetto bonus) è cosa assolutamente positiva.
Quindi per voi potrebbe andare bene…
Sì, ma si tratta di misure non sufficienti a incontrare la domanda di scuola che emerge dalla società.
Ed eludono quelle fondamentali questioni che abbiamo sopra enunciato sotto forma di domande.
Anche sulla questione dell’Alternanza Scuola/Lavoro, di cui ho citato il titolo, leggiamo affermazioni generiche sulla necessità di un maggiore controllo della qualità dei processi ma che per esempio non fanno intravedere nulla su due questioni per noi dirimenti: il superamento del tetto delle ore di alternanza e la necessità di una chiara identificazione di tale strumento come metodologia didattica governata dalla scuola e non come “prestito” di forza lavoro governata dalle aziende in un contesto produttivo dove troppo spesso l’offerta di lavoro è poverissima di saperi e competenze per la storia stessa che ha il nostro sistema industriale.
Il contratto fa riferimento anche ad un paio di questioni urgenti: i diplomati magistrale e il rientro dei docenti nella proprie regioni. Cosa ne pensa?
Sulla complicata vertenza dei diplomati magistrali ci si ferma alla citazione ma non si dice come si intende affrontare il problema, eppure quello è il primo atto che il governo deve adottare sotto forma di decreto legge.
Infine per quel che riguarda i docenti si dice che essi debbono stare il più vicino possibile ai loro luoghi di residenza. Questa affermazione porta con sé l’idea dei concorsi regionali e del domicilio professionale già nota perché appartiene alle politiche dell’istruzione della lega. Siamo fermamente contrari, e non da ora, a proposte di tipo regionalista e scissioniste. Se invece si vuole favorire il rientro dei colleghi verso i loro luoghi di residenza allora la strada da intraprendere è un’altra:ampliare l’offerta formativa per ridurre i dislivelli esistente tra nord e sud del Paese.
Fonte: La Tecnica della Scuola