In questi giorni il ministro Brunetta si sta prodigando in dichiarazioni e supposte anticipazioni sul futuro impiego del lavoro agile per tutta la pubblica amministrazione. Questa attività del ministro, nel metodo e nel merito è sbagliata e contrasta con quanto dallo stesso sottoscritto nell’accordo governo/sindacati del 10 marzo, in cui si prevede l’uso e la valorizzazione di questa nuova forma di lavoro e, esplicitamente, che le modalità di applicazione dell’istituto siano demandate alla contrattazione nazionale ed in particolare al prossimo rinnovo contrattuale.
Per giustificare le proprie opinioni, il ministro ha espresso giudizi approssimativi e frettolosi e la nuova categoria dei “fannulloni del divano” non può non far ricordare la campagna denigratoria che nel 2009 iniziò, durante il primo mandato di Brunetta come ministro della P.A, affibbiando l’etichetta di “fannulloni” ai lavoratori pubblici. Il prezzo pagato in quella lunga stagione dal lavoro pubblico del nostro Paese è stato enorme in termini morali ed economici ed ha prodotto effetti nefasti sulla qualità dei servizi ai cittadini, come abbiamo ricordato in un nostro documento al momento del suo secondo incarico a ministro della PA.
Il nostro Paese non può certo permettersi un ritorno al passato e sulla pubblica amministrazione si deve investire e innovare e lo smart working, nelle sue articolate forme, può rappresentare, opportunamente regolamentato, un fattore altamente positivo per diversi aspetti, come in tutta evidenza stanno a dimostrare moltissime esperienze maturate anche nella P.A. durante l’emergenza sanitaria e perciò rimane per diversi aspetti incomprensibile il del dibattito che in questi giorni si sta alimentando in seguito alle dichiarazioni del ministro.
I lavoratori e le lavoratrici di questo Paese, pubblici e privati, hanno dato una grande prova nei mesi difficili della pandemia. Lo strumento del lavoro agile, la cui organizzazione spesso è stata sulle spalle dei singoli, ha consentito il mantenimento delle attività e dei servizi erogati dalla pubblica amministrazione e in molti casi ha consentito una vera innovazione di processi e un nuovo rapporto con i cittadini.
Bisognerebbe avere un approccio più rispettoso e più coerente con la realtà, realtà che il Ministro dimostra di non conoscere. Purtroppo, anche stavolta le sue esternazioni sembrano guidate dall’ideologia e dal pregiudizio piuttosto che dall’analisi dei risultati raggiunti dalle amministrazioni pubbliche.
Come si ritrova in moltissime dichiarazioni (anche nell’audizione del ministro Brunetta del 9 marzo 2021 in Commissioni riunite di Camera e Senato) la P.A. nel suo complesso ha saputo adattarsi e svolgere un ruolo fondamentale durante l’emergenza sanitaria. È stato ad esempio il caso dell’università, dove dal ministro Manfredi prima, dalla ministra Messa ora e da molti Rettori, sulla base di analisi e studi, hanno preso atto ed evidenziato come le università hanno continuato a funzionare con le regole, ancorché imperfette, del lavoro da remoto mantenendo le attività e garantendo l’erogazione di servizi di qualità.
Quindi deve essere chiaro che le lavoratrici e i lavoratori non devono tornare al lavoro, perché semplicemente non se ne sono mai andati!
Ci si è inventati un nuovo e a volte un migliore modo di lavorare dalla mattina alla sera, spesso garantendo da parte di molti lavoratori la propria disponibilità ben oltre il “normale” orario di lavoro e quindi, nel prossimo CCNL, un aspetto della regolamentazione del lavoro agile dovrà anche essere indirizzata alla definizione di limiti a tutela dei lavoratori rispetto alla possibile invasività dei datori di lavoro nella prestazione lavorativa resa in lavoro agile. Tanto è vero il giudizio positivo sul lavoro agile, che in molte amministrazioni si sta ragionando su come valorizzare e implementare le esperienze anche al di fuori e dopo l’emergenza pandemica.
Bisogna farsi carico degli aspetti positivi ed anche dei limiti di questa grande “sperimentazione” tenendo conto anche del valore del lavoro da remoto rispetto anche a questioni più generali come la conciliazione vita-lavoro e la mobilità quotidiana di milioni di persone.
Sembra lo abbiano capito le grandi aziende (private o anche a controllo pubblico), tocca farlo capire anche al Ministro della Pubblica Amministrazione. Noi abbiamo la pazienza e la capacità di farlo. Come abbiamo dimostrato con la nostra persistente iniziativa contro provvedimenti inutili, dannosi e a volte inapplicabili, portati avanti da questo stesso ministro nella sua precedente esperienza al governo. Anche questa volta ci caricheremo la responsabilità di smentirlo con i fatti.
Questa materia è infatti inserita fra quelle che dovranno trovare soluzione a livello di rinnovo contrattuale e consigliamo al ministro di essere più cauto nell’esternare il disprezzo che nutre nei confronti di milioni di lavoratori pubblici cui dovrebbe invece mostrare attenzione per la loro capacità di sostenere il Paese nel momento di massima difficoltà creato dalla pandemia.
Come FLC CGIL abbiamo già cominciato a lavorare sull’elaborazione dei dati provenienti da indagini sulle scelte e le esperienze di quest’ultimo anno, frutto del coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori. Inchieste che mettono in luce limiti, potenzialità, sviluppi del lavoro agile, come quella fatta qualche mese fa all’università La Sapienza. Studi di parte sindacale o delle stesse amministrazioni che devono diventare la base su cui definire regole e soluzioni condivise.
Siamo orgogliosamente lavoratrici e lavoratori della conoscenza e vogliamo sfidare il pregiudizio basandoci su fatti e non parole, con un occhio a come l’innovazione nell’organizzazione del lavoro può e deve conciliare la qualità dei servizi con la qualità della vita di chi quei servizi li eroga.
Su questo tema la FLC CGIL nelle prossime settimane lancerà una grande inchiesta nazionale con un focus specifico sul lavoro agile e vogliamo poi, su questa base, costruire ulteriori proposte.
Qualche anno fa un poco avveduto Presidente del Consiglio ha affermato che il sindacato voleva mettere i gettoni nell’IPhone per giustificare l’ingiustificabile cioè che l’innovazione si poteva fare eliminando i diritti fondamentali dei lavoratori. Si è dimostrato il contrario. Oggi siamo davanti ad un Ministro che invece proprio li vuole mettere i gettoni nell’IPhone e non vuole una pubblica Amministrazione più moderna e più funzionale.
Sta anche a noi, tutti insieme, impedirgli di farlo!