Anche quest’anno scolastico le prove INVALSI non riservano sorprese; come da copione, si svolgeranno secondo il calendario reso noto da tempo:
Le sorprese verranno, invece, dai decreti attuativi della L. 107/15.
Il futuro delle prove INVALSI è contenuto, infatti, in un decreto non ancora pubblicato, che attua l’adeguamento della normativa in materia di valutazione, certificazione delle competenze ed Esami di Stato.
Le uniche notizie certe risalgono ad un mese fa circa e riguardano pochi e parziali contenuti dei decreti attuativi, diffusi dai comunicati stampa del MIUR. Così, a fronte degli schemi di decreto, delle proposte e delle discussioni che negli ultimi mesi hanno destato preoccupazione nel mondo della scuola; a fronte dei pareri favorevoli delle Commissioni di Camera e Senato, che non sempre sono stati migliorativi dei testi del Governo, i comunicati ministeriali si limitano a chiarire che la prova INVALSI della scuola secondaria di primo grado si svolgerà nel corso del terzo anno e non più durante l’Esame; che viene introdotta nella classe quinta del secondo ciclo e che anche in questo caso si svolgerà nel corso dell’anno scolastico; che riguarderà italiano, matematica e inglese e sarà obbligatoria ai fini dell’ammissione all’Esame di Stato.
Prove INVALSI obbligatorie per l’alunno, dunque, ma non valutabili dalla Commissione ai fini del voto d’Esame.
Nessuna anticipazione, invece, sull’utilizzo che verrà fatto delle prove INVALSI all’interno della certificazione delle competenze e del curriculum dello studente.
Sarebbe stato legittimo aspettarsi, se non altro per coerenza logica, che il Ministero avesse chiarito che i risultati individuali delle prove INVALSI, esclusi ai fini del voto d’Esame, non sarebbero stati utilizzati in nessun modo ai fini della valutazione degli apprendimenti o, comunque, nelle certificazioni finali delle competenze e nel curriculum dell’alunno.
Sarebbe stato altrettanto logico aspettarsi che il legislatore avesse inteso valorizzare la professionalità docente, in quanto naturale garanzia per una valutazione degli apprendimenti capace di essere il più possibile equa, rispettosa dell’alunno e del suo percorso scolastico, all’interno di un progetto di scuola pubblica inclusiva. Ma tutto questo avrebbe richiesto un progetto che fosse ispirato da una forte riflessione scientifica e sorretto da una adeguata sperimentazione.
Durante l’iter di approvazione dei decreti attuativi, invece, nei tempi ristretti della discussione il dibattito asfittico ha impedito l’elaborazione di un impianto coerente che fosse in grado di recepire in un progetto ampio e condiviso le numerose indicazioni provenienti dal mondo della scuola e della ricerca didattica. Le contraddizioni che ne sono scaturite non risparmiano le prove INVALSI, che rischiano di allontanarsi sempre più dal loro naturale terreno, per diventare un inadeguato strumento classificatorio e di valutazione degli apprendimenti.
La FLC CGIL è costretta ancora una volta a rivendicare alla Scuola Italiana adeguati spazi di confronto, perché nessuna riforma e nessun riordino che la riguardi possa più prescindere da un impianto che sia validato sul piano scientifico, condiviso e verificabile.
Per questi motivi, a parere della FLC CGIL è più che mai urgente riaprire la discussione e partendo da un coerente progetto di scuola inclusiva:
- Conferire alle prove INVALSI, somministrate all’interno del percorso scolastico, natura campionaria;
- prevedere la sospensione del loro attuale utilizzo per un arco di tempo predeterminato, nel corso del quale introdurre un’autentica e costruttiva sperimentazione, che sia supportata da una adeguata elaborazione teorica;
- non utilizzare i risultati delle prove INVALSI per certificare competenze o per il curriculum dello studente, in quanto si tratta di documenti di cui possono servirsi terzi per classificare e selezionare gli alunni;
- non utilizzare le prove INVALSI per formare graduatorie destinate a misure di welfare studentesco, che per loro natura, essendo destinate a sostenere il percorso di studi di coloro che vivono condizioni di disagio sociale ed economico, non devono essere vanificate da logiche di classificazione su cui grava il peso di una discussione scientifica internazionale ancora in corso;
- valorizzare la professionalità docente, all’interno dell’autonoma capacità di progettazione e di ricerca della scuola italiana;
- bloccare il percorso che potrebbe portare l’INVALSI a diventare un “testificio”, orientandone, piuttosto, la mission verso la ricerca e la messa in campo di processi e pratiche valutative, in un quadro di collaborazione proficua con le istituzioni del sistema educativo nazionale;