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INAF: anche ai ricercatori astronomi finalmente si riconoscono i periodi a tempo determinato

Ricercatori INAF tempo determinato

Il Consiglio di Stato, con sentenza del 26 marzo 2021, ha accolto il ricorso di un lavoratore dell’Osservatorio Astrofisico di Torino (INAF), condannando l’Ente al riconoscimento di tutto il servizio pre-ruolo ai fini dell’anzianità dopo l’assunzione nei ruoli sia ai fini giuridici che economici.

Il ricorrente, patrocinato dall’Avv. Francesco Americo della FLC CGIL Nazionale e Regionale Lazio, è un ricercatore astronomo che dal 1999 e sino al 2003, senza soluzione di continuità, aveva lavorato per l’INAF con contratti a tempo determinato. Al momento dell’assunzione a tempo indeterminato non si è visto riconoscere il servizio prestato dal 1999 ai fini della ricostruzione di carriera.

Con ricorso ha dunque dedotto la violazione e falsa applicazione dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato (allegato alla Direttiva UE n. 1999/70/CE) che stabilisce che “per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive” e che “i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato”.

La giurisprudenza, sia nazionale che europea, che impone anche alle Pubbliche Amministrazioni un trattamento non discriminatorio tra lavoratori, è ormai granitica e difatti il TAR Piemonte aveva accolto il ricorso del ricercatore, dichiarando sussistente il suo diritto al corretto inquadramento stipendiale. Ha infatti ordinato all’Ente di tenere conto dell’anzianità maturata con contratti a tempo determinato e ha condannato lo stesso al pagamento delle differenze retributive dovute.

Avverso al sentenza, l’INAF proponeva appello sulla scorta, in particolare, di due motivazioni: 1) l’impossibilità di inquadrare il lavoratore quale “ricercatore” e 2) la sussistenza di quelle “ragioni oggettive” richiamate dall’Accordo Quadro che giustificherebbero il diverso trattamento lamentato dal ricorrente.

Il Consiglio di Stato ha chiarito che il “personale astronomo” è assolutamente qualificabile come “ricercatore astronomo”, per identità di ratio e di attività, e tale figura è equiparata, come sostiene anche il Regolamento del Personale dell’INAF, a quella del ricercatore universitario a cui senza dubbio si applica il principio di non discriminazione.

In secondo luogo il Collegio ha cassato l’interpretazione dell’INAF secondo cui l’appellato, appartenente alla categoria di personale in regime di diritto pubblico (c.d. personale astronomo), non avrebbe diritto ad alcun riconoscimento del servizio preruolo perché non assunto in regime di lavoro pubblico privatizzato. Il Consiglio di Stato ha ravvisato in tale distinzione un effetto evidentemente discriminatorio, chiarendo che “il generico “perseguimento di una legittima finalità di politica sociale” – che immotivatamente l’ente appellante ricollega al solo personale in regime di diritto pubblico – non può certo farsi rientrare tra le “ragioni oggettive” in presenza delle quali il diritto europeo rende ammissibili eventuali differenziazioni nella disciplina del rapporto di impiego”.

Per tali ragioni il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha respinto l’appello proposto dall’INAF, confermando la sentenza di primo grado, e dunque ordinando il riconoscimento del servizio prestato a tempo determinato con conseguente liquidazione delle differenze retributive maturate a causa del corretto inquadramento stipendiale derivante dal computo del pre-ruolo.

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