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Def: Cgil, Flc, Fp, sbagliato finanziare contratti pubblici con revisione spesa

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Roma, 10 aprile – “A trattative ancora aperte per i rinnovi dei contratti nazionali dei settori pubblici, già scaduti, apprendiamo dalla lettura del Def che i prossimi contratti dovrebbero essere finanziati dalla revisione della spesa pubblica”. È quanto si legge in una nota congiunta di Cgil nazionale, Flc CgilFp Cgil.

Per la Cgil e le categorie dei lavoratori della conoscenza e del pubblico impiego “a fronte di un’inflazione sempre più elevata e del blocco della contrattazione, durato dieci anni, che rende difficoltoso il pieno recupero del potere d’acquisto anche con gli ultimi rinnovi, questa  impostazione programmatica appare una beffa per quel mondo del lavoro che quotidianamente garantisce servizi e diritti fondamentali ai cittadini”.

Finora – sottolineano Cgil, Flc, Fp – la revisione della spesa nel nostro Paese si è realizzata attraverso due leve: il blocco della contrattazione e il blocco del turn over. Poche altre misure hanno consentito risparmi evidenti”. “Queste politiche – proseguono – hanno prodotto, per diversi anni, un arretramento nelle retribuzioni medie, già inferiori rispetto a quelle di altri Paesi europei, nonché una riduzione dell’occupazione stabile, ormai da cinque anni sotto i tre milioni di dipendenti con delle gravi emorragie in alcuni comparti”. “Riproporre queste stesse misure in una fase di emergenza occupazionale e salariale significa – avvertono Cgil, Flc, Fp – colpire, ancora una volta, il mondo del lavoro pubblico con le conseguenti ripercussioni sul sistema dei servizi”.

Abbiamo sperato e continuiamo a sperare – aggiungono Cgil e le due categorieche l’occasione del Pnrr possa rappresentare l’opportunità di rafforzare il sistema dei servizi pubblici. Ciò significa utilizzare nel migliore dei modi le risorse messe a disposizione per gli obiettivi del piano, ma anche un investimento strutturale che non dovrà contrapporre occupazione e valorizzazione del personale”. “Per questo occorre modificare, nel corso del confronto con il Governo, tale impostazione che riteniamo negativa non solo per i lavoratori pubblici, ma – concludono Cgil, Flc, Fp – per le reali possibilità di crescita del Paese”.

Def, FLC CGIL: follia più spese militari e meno per istruzione. Ci batteremo per riaffermare le vere priorità del Paese

La spesa per l’istruzione negli anni 2022-2025 – così mette in programma il Governo nel Documento di Economia e Finanza – passa dal 4 al 3,5% del PIL. Si mettono in cantiere ancora tagli sull’istruzione mentre, senza remore, si programmano investimenti di guerra per 15 miliardi di euro in più fino al 2026: esattamente i 7,5 miliardi di euro in meno destinati in un quadriennio all’istruzione. Si rinnova così una politica che ha i suoi precedenti nefasti nel 2008 quando si mandarono a casa ben 130.000 unità di personale, un taglio alle risorse da cui la scuola pubblica si deve ancora risollevare e che gli investimenti del PNRR non riescono neanche a risarcire.

E non va meglio con gli stipendi: se ne programma la riduzione fino al 2025 per una somma equivalente a più di un punto di PIL. Una vera e propria beffa per una categoria di lavoratrici e lavoratori che già soffre di una disparità rilevante rispetto ai colleghi europei e agli altri lavoratori pubblici a parità di titolo di studio e che fatica, con salari già depressi, a recuperare potere d’acquisto di fronte di all’inflazione sempre più elevata.

Dopo due anni di pandemia dunque, quando è diventato chiaro a tutti quanto sia fondamentale per il Paese il nostro sistema di istruzione, dopo tanta retorica sulla sua importanza e pochissime risorse per affrontare l’emergenza, si torna esattamente alla stessa logica ragionieristica dei tagli degli ultimi venti anni.

 Non possiamo accettarlo. Lo abbiamo detto e lo ribadiamo, ci batteremo contro l’aumento delle spese militari per affermare quelle che sono le vere priorità del Paese in primo luogo l’istruzione e la ricerca. Resta per noi fondamentale l’investimento di risorse nei nostri settori e la questione salariale, per il personale della scuola, che neppure con il prossimo rinnovo contrattuale potrà ritenersi risolta.

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