Ѐ con enorme rammarico che abbiamo appreso della nuova e ulteriore nota del MUR contenente indicazioni per la formazione superiore e la ricerca affinché cessino le collaborazioni con gli scienziati e gli istituti di formazione russa. Speravamo che il passo falso di pochi giorni fa, che aveva prodotto alcuni paradossali interventi a censura della cultura russa, avesse prodotto un giusto ripensamento sul fatto che – laddove le gravi sanzioni economiche internazionali possono contribuire a mettere pressione sul governo aggressore di Mosca – l’isolamento del pensiero e lo stop imposto allo scambio di conoscenze siano piuttosto il modo migliore per danneggiare le voci libere presenti in quel Paese. A testimoniarlo sono le coraggiose prese di posizione del mondo della ricerca russa, non ultima la lettera aperta che l’unione dei matematici russi ha inviato a Vladimir Putin chiedendo “la cessazione immediata dei combattimenti e il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina” affermando che “nessun interesse geopolitico possa servire a giustificare vittime e spargimenti di sangue”.
Auspichiamo, nell’esercizio della autonomia accademica e di ricerca, “gentilmente” richiamata anche dalla nota ministeriale, che insegnanti, presidi, ricercatori e professori scelgano di non aderire ad una raccomandazione che invita ad abbandonare il mondo della formazione e della ricerca russa proprio nel momento in cui il sapere e la conoscenza critica possono esercitare la loro massima funzione civile. Anche nelle fasi più dure della guerra fredda, lo ricordiamo, la cooperazione scientifica è stata sempre un faro di speranza, contribuendo ad evitare conseguenze disastrose. La condanna dell’aggressione russa ed il supporto alla comunità scientifica ucraina non deve, come affermano anche riviste scientifiche come Nature, essere una scusa per dividere la comunità di ricerca globale e limitare lo scambio di conoscenze accademiche proprio adesso che la lotta comune contro il cambiamento climatico dovrebbe unirla di più. Ignorare che cultura e scienza sono da sempre i luoghi in cui lo scambio avvicina e riconnette popoli e saperi, gli ultimi ponti a restare in piedi anche quando tutto sembra perduto, significa rafforzare il nazionalismo russo voltando le spalle alla pace.