Riprendiamo e condividiamo l’articolo pubblicato il 10 febbraio su Collettiva di Massimo Morassut, Flc Cgil CREA.
Ormai siamo consapevoli che lo sviluppo ha i suoi limiti e che deve essere necessariamente declinato in modo profondamente diverso. In questa ottica la ricerca agroalimentare ha un ruolo strategico
La ricerca, intesa come approfondimento della conoscenza, è un processo evolutivo da sempre intimamente collegato allo sviluppo della specie umana. Nel tempo ha assunto forme, modalità e intensità diversificate nello spazio e nel tempo, ma sempre centrali in tutti i momenti strategici della vicenda umana. Un ruolo che oggi non abbiamo difficoltà a percepire trasversale a tutti i settori della conoscenza, ma proprio perché definiamo l’agricoltura, settore primario, non è errato affermare che le discipline legate alla filiera agroalimentare sono state tra le prime oggetto di attività di ricerca.
Una relazione apparentemente dormiente per secoli, che con la Rivoluzione industriale e il conseguente sviluppo tecnologico, in presenza di un rapido processo di accumulazione capitalistico e di una rapida crescita demografica, ha subìto una significativa accelerazione e ha innescato una domanda crescente di beni alimentari, ma non solo, se si pensa allo sfruttamento delle risorse forestali, ittiche e ambientali.
Una fase che viviamo ancora oggi, in piena espansione in gran parte del globo, che sta mostrando da tempo le sue profonde contraddizioni al punto che il sistema agricolo mondiale, fortemente “malato”, è causa di molti problemi planetari a partire dalla crisi climatica, la deforestazione, l’inquinamento, il consumo del suolo e delle risorse idriche, non ultimo l’aumento delle diseguaglianze tra Nord e Sud, aree rurali e aree urbane e di genere.
Nell’insieme un quadro non molto confortante, all’interno del quale, la stessa attività di ricerca, pur avendo avuto grandi meriti nel migliorare le condizioni di vita generali, ha contribuito, soprattutto dopo il secondo conflitto mondiale, a determinare un modello di sviluppo concepito senza limiti nella convinzione che ogni squilibrio potesse compensarsi in modo spontaneo.
Oggi anche una crescente parte dell’opinione pubblica è consapevole che lo sviluppo ha i suoi limiti e che il termine sviluppo deve essere necessariamente declinato in modo profondamente diverso. In questa ottica, la ricerca agro-alimentare e forestale assume un ruolo strategico planetario ed è chiamata ad affrontare una sfida complessa, di portata epocale per la sopravvivenza.
Un punto di vista efficace, semplice e immediato, per inquadrarne la prospettiva, consiste nel traguardare l’attività di ricerca nel settore attraverso gli obiettivi definiti dall’Agenda ONU 2030 ritenuti irrinunciabili per poter concepire concretamente uno sviluppo sostenibile e compatibile con la rigenerazione delle risorse.
In alcuni casi ciò è abbastanza intuitivo. “Sconfiggere la fame”, “Salute e benessere”, “Energia pulita e accessibile”, “Imprese Innovazione e infrastrutture”, “Consumo e produzione responsabili”, “Lotta contro il cambiamento climatico”, “Vita sott’acqua”, “Vita sulla Terra”, sono tematiche da sempre collegate al settore agricolo, soprattutto oggi, grazie alla diffusa e crescente consapevolezza del concetto di limite delle risorse.
In altri casi, può apparire addirittura una forzatura, ma in realtà non è così. “Sconfiggere la povertà”, “Istruzione di Qualità”, “Parità di genere”, “Acqua pulita e servizi igienici-sanitari”, “Lavoro dignitoso e crescita economica”, “Ridurre le diseguaglianze”, “Città e comunità sostenibili”, “Pace e giustizia, e istituzioni solide” e Partnership per gli obiettivi, sono anch’essi obiettivi al cui raggiungimento può contribuire certamente la ricerca in agricoltura attraverso il modello della cooperazione nei rapporti internazionali.
Occorre, quindi, un nuovo approccio multidisciplinare globale, dove la convergente interazione tra ecologia, genetica, alimentazione, biologia, chimica, ingegneria, statistica, sociologia, economia, nutrizione, formazione e divulgazione corrispondono all’esigenza di intervenire sul sistema agricolo locale e globale in modo innovativo e responsabile.
Conosciamo gli effetti estremamente dannosi dei fertilizzanti e pesticidi sugli ecosistemi nei quali vengono dispersi. Bene, oggi la ricerca ha dimostrato sviluppando e applicando sul campo nuove tecnologie, ad esempio l’agricoltura di precisone, che è possibile, su larga scala, ottimizzarne l’efficienza e ridurne l’impatto ambientale.
Altro tema strategico riguarda la disponibilità, in calo costante, dei terreni agricoli; un problema che non riguarda solamente l’Europa, ma anche altre aree del pianeta con elevati tassi di antropizzazione del territorio, dove gli intensi processi di urbanizzazione e la progressiva desertificazione sottraggono spazio vitale alle foreste e all’agricoltura. Anche in questo caso solo la ricerca può provare a innovare il sistema di produzione agricola armonizzando le esigenze umane, la necessità di tutelare gli ecosistemi e la biodiversità, non escludendo la modifica dei modelli alimentari sia per l’ambiente sia per la salute.
Una strada obbligata, dove alla parola sviluppo si deve sostituire la parola progresso, nella sua accezione più inclusiva possibile che associa al benessere economico, l’ampliamento del sapere, delle conoscenze tecniche, delle libertà politiche e civili.
L’emergenza sanitaria che oggi viviamo a livello planetario conferma, per chi mai avesse dubbi in merito, la necessità di continuare a finanziare la ricerca promuovendo la cooperazione della comunità scientifica internazionale, consapevoli che non esistono tecnologie miracolose, ma molte e diverse soluzioni combinate. In questa sfida il nostro Paese può dare un contributo originale per due ragioni. Da una parte il suo grande patrimonio ambientale, di biodiversità e di cultura dell’alimentazione costituiscono un modello che già in parte interpreta un concetto di sostenibilità, anche se con molte criticità evidenti.
Dall’altra una consolidata e diffusa tradizione scientifica nella ricerca applicata al settore che vanta una rete di atenei ed enti di ricerca di livello internazionale, dove spicca la peculiarità del Crea, unico soggetto nazionale che, a tutto tondo, è potenzialmente in grado di garantire, con le sole competenze presenti al suo interno, un autentico approccio multidisciplinare in tutti i settori.
Certamente non è sufficiente che il sistema agricolo si orienti verso una generica maggiore sostenibilità, è anche necessario individuare, in tempi brevi, soluzioni facilmente applicabili nelle numerose situazioni di rischio che i cambiamenti climatici stanno innescando, a causa delle quali il settore agricolo soffrirà molto. In questo senso la ricerca in agricoltura non è un’opzione, ma una scelta obbligata.