Nostro malgrado, ci vediamo costretti a scendere sul piano di una polemica di basso livello con il responsabile regionale dell’ANP del Lazio, il quale ha ritenuto, in una dichiarazione pubblica, di stigmatizzare il comportamento di personale docente e ATA che, a suo dire, avrebbe disertato la ripresa dell’attività scolastica in presenza, oggi, martedì 30 marzo, facendo massiccio ricorso agli istituti contrattuali e normativi che ne avrebbero coperto il sostanziale assenteismo. «Io penso che un dipendente pubblico debba essere al servizio dello Stato e dei cittadini e non al servizio dei propri desideri», dichiara l’ineffabile presidente dell’ANP, che la qualifica di dipendente pubblico, in forza del suo ormai lontano pensionamento, non la riveste da più di qualche anno, e, in forza di ciò, si sottrae all’onere della controprova.
Ma se l’anagrafe ci priva della possibilità di sottoporre a verifica il comportamento di chi si erge al ruolo di censore della moralità pubblica, almeno la semplice prova, ossia il conforto delle affermazioni sulla base di dati numerici possiamo pretenderlo. Quanti sarebbero i docenti e gli ATA, sui 114.000 che costituiscono l’organico del personale scolastico del Lazio, comprensivo del “rinforzo covid”, che si sarebbero sottratti ai loro doveri contrattuali? Qual è la percentuale rispetto al totale?
Se mancano questi dati elementari (e mancano nelle dichiarazioni di cui si parla), l’affermazione del responsabile dell’ANP può essere tranquillamente catalogata come l’ennesima manifestazione di un’insopprimibile e ben nota necessità di protagonismo, con il valore descrittivo che è proprio delle chiacchiere qualunquistiche che si colgono su certi autobus affollati o in coda alla posta (e senza nemmeno l’attenuante della calura estiva). Archiviabile come fola di un quisque de populo.
Roma, 30 marzo 2021