Legge di bilancio 2023 (legge 197/22): dall’analisi dei contenuti emerge la distanza tra dichiarazioni pubbliche del governo e provedimenti adottati.
- le norme specifiche relative ai settori della conoscenza
- i principali interventi di carattere generale che impattano direttamente o indirettamente sulle lavoratrici e sui lavoratori del mondo della conoscenza
- le norme finalizzate a conseguire entro il 31 dicembre 2022 gli obiettivi e traguardi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
- le ricadute sul bilancio del Ministero dell’istruzione
- gli interventi sui lavoratori fragili e proroga dello smart working
- gli interventi sull’istruzione degli adulti
- le ricadute sulle retribuzioni del personale afam
- il quadro delle risorse a disposizione del settore afam
- riprogrammazioni, rifinanziamenti, definanziamenti, spending review
- le risorse per i rinnovi dei contratti 2022-2024 dei settori pubblici.
Abbiamo messo in evidenza come si tratti di un provvedimento privo di risorse e dai contenuti deludenti e spesso regressivi.
Torniamo sull’argomento con valutazioni di merito riguardo alle misure più rilevanti adottate, rimandando alle notizie sopra indicate l’illustrazione analitica dei contenuti.
Scuola
Misure in materia di istruzione e merito
Le risorse stanziate non sono adeguate a riconoscere l’incremento dei carichi di lavoro di tutto il personale docente e ATA anche in applicazione delle disposizioni previste dal PNRR. Inoltre non si condivide che risorse, destinate a riconoscere il lavoro del personale scolastico, siano gestite autonomamente dal Ministero dell’Istruzione e del Merito sottraendole alla regolazione contrattuale che è la sede preposta a definire il trattamento economico in relazione alla prestazione lavorativa. E ciò in aperta violazione del TU 165/01 che devolve alla contrattazione l’uso e la destinazione del salario accessorio destinato al personale. Infine la disposizione non rispetta gli impegni assunti dal Ministro Valditara con l’Accordo sottoscritto lo scorso 10 novembre con le organizzazioni sindacali in cui si prefigurava uno stanziamento aggiuntivo da destinare alla retribuzione tabellare del personale scolastico e non all’istituzione di un nuovo fondo per la valorizzazione.
È condivisibile invece la previsione di attribuire ai revisori dei conti delle scuole il compito di attestare l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione di cui al DLgs 150/09 anche perché non è funzionale, come attualmente previsto, affidare tale compito ai dirigenti scolastici che essendo tenuti ad adempiere agli obblighi di trasparenza, non possono adempiere anche alla verifica dell’avvenuta pubblicazione.
Misure per la riforma della definizione e riorganizzazione del sistema della rete scolastica
Si innalzano i parametri per la costituzione delle scuole autonome e sulla base di un coefficiente da 900 a 1.000 alunni definito da un decreto MIM-MEF – Conferenza Unificata, sarà assegnato un contingente di organico di dirigenti scolastici e DSGA da utilizzare per il dimensionamento della rete scolastica. Pertanto, gli attuali parametri minimi per la costituzione delle autonomie scolastiche si innalzano da 600 alunni a 900/1.000 alunni. Sono previste forme di compensazione regionale e l’applicazione di un parametro perequativo non superiore al 2% nei primi 7 anni. Si prevede, quindi, una nuova drastica ondata di accorpamenti fra istituti che potrà portare alla scomparsa, già nei prossimi due anni scolastici, di oltre 700 unità scolastiche abbattendosi soprattutto nelle regioni del sud.
Si tratta certamente di una norma di risparmio che ridurrà progressivamente l’organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA e il numero complessivo delle scuole che passeranno dalle attuali 8.136 a 6.885. Si risparmia, così, su oltre 1.400 stipendi di dirigenti scolastici e direttori dei servizi. I risparmi serviranno per finanziare diverse voci, comprese quelle delle spese per le supplenze.
Promozione dell’apprendimento delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche nelle istituzioni scolastiche
L’implementazione dell’iscrizione ai percorsi STEM (secondari e terziari) è un obiettivo europeo che l’Italia accoglie nella missione del PNRR.
Il programma individuato nella Legge di bilancio intende principalmente promuovere l’accesso delle ragazze ai percorsi STEM, al fine di un presunto “equilibrio di genere”; prevede inoltre l’individuazione di contenuti/attività disciplinari specifici da zero anni al termine della secondaria di II grado.
Si tratta di un approccio ideologico e sbagliato, sia per quanto riguarda l’equivoco che vede l’accesso ai percorsi STEM nella prospettiva dell’equilibrio di genere, sia per l’individuazione di contenuti/attività disciplinari specifici a partire, addirittura, dal sistema 0-6. Sviluppare l’interesse verso le STEM significa, infatti, stimolarlo con la forza dell’interdisciplinarietà e tramite l’interazione degli apprendimenti, senza separare “le materie” nelle loro caratteristiche curricolari, a differenza di quanto inteso dalla legge.
La clausola di neutralità finanziaria dà scarso spessore al provvedimento e tradisce l’obiettivo della promozione ai percorsi STEM, riducendolo a generalizzato impegno.
Sarebbe, invece, opportuno destinare investimenti aggiuntivi ai laboratori, alla formazione dei docenti e a un effettivo sostegno anche economico agli studenti che decidono di intraprendere, nell’istruzione terziaria, percorsi di studio nelle discipline STEM e in campo digitale; al contrario, per le borse di studio citate nel testo di legge, e che dovrebbero essere oggetto di protocolli d’intesa con le Regioni, non è previsto alcun investimento.
Sarebbe opportuno valutare la possibilità di sostenere le scelte delle ragazze anche ipotizzando l’istituzione di quote di parità di genere all’accesso.
Orientamento nella secondaria di I e II grado
La legge di bilancio sembra farsi carico del problema dell’orientamento scolastico solo a parole, considerato che non sono previsti stanziamenti aggiuntivi rispetto ai 150 milioni destinati alla valorizzazione del personale e che vengono confermati tout court gli ordinamenti preesistenti. È didatticamente e metodologicamente sbagliata la previsione di moduli orientativi di 30 ore in quanto l’orientamento dovrebbe essere un processo trasversale che permea l’intera esperienza scolastica attraverso una profonda innovazione del “fare scuola” sempre e l’individuazione di metodi e strategie per far emergere potenzialità e attitudini nella quotidianità scolastica.
Scuola di Alta Formazione
La legge di bilancio interviene unicamente sulle tempistiche per l’individuazione del Presidente, del Direttore generale e del Comitato scientifico internazionale della Scuola di alta formazione. Confermiamo il nostro giudizio negativo sull’istituzione della scuola di alta formazione, che rischia di trasformare il sistema scolastico e la formazione in senso aziendalistico, introducendo una struttura burocratica che di fatto limiterebbe la prerogativa costituzionale della libertà di insegnamento, la funzione dell’autonomia scolastica e la sovranità degli organi collegiali.
Disposizioni in materia di edilizia scolastica
Come è noto viene stanziato 1 milione di euro per l’anno 2023 per avviare attività di ricognizione e valutazione delle strutture scolastiche in dismissione da destinare allo svolgimento delle attività scolastiche per l’anno scolastico 2023/2024. Si tratta di un intervento parziale che riguarda solo gli edifici in dismissione, sperando non sia tardi, e probabilmente per investimenti infrastrutturali di questo tipo occorrerebbero fondi maggiori, infatti, secondo il Rapporto della Fondazione Agnelli, “per rinnovare i circa 40 mila edifici scolastici oggi attivi, corrispondenti a circa 150 milioni di metri quadri, servirebbero 200 miliardi di euro, pari all’11% del PIL”.
Inoltre, ribadiamo la necessità di prevedere un efficace monitoraggio rispetto agli interventi già programmati per l’edilizia scolastica in modo da seguire tutto il processo dalla programmazione alla conclusione dei lavori per definire tempestivamente le azioni di messa in sicurezza e per offrire una uniforme offerta formativa sul territorio nazionale attraverso l’utilizzo didatticamente orientato degli spazi scolastici.
Carta elettronica per spese culturali da parte dei giovani diciottenni
In un paese fortemente impoverito e diseguale sul piano del diritto all’istruzione, siamo molto lontani dallo stanziare le risorse stabili e strutturali che sarebbero effettivamente necessarie.
Infatti, in particolare sul fronte della dispersione scolastica, seppure si registrino miglioramenti medi nazionali, il Mezzogiorno presenta tassi di abbandono molto elevati rispetto alle regioni del Centro-Nord. Riguardo alla formazione universitaria, si segnala ancora una significativa differenza tra il Mezzogiorno e il Centro-Nord. Sarebbe necessario finalizzare le risorse per garantire il diritto allo studio e la garanzia di accesso per tutti e a tutti i livelli di istruzione.
Infine, l’attribuzione della Carta della cultura Giovani solo ai diciottenni con ISEE non superiore a 35.000 euro presenta il limite di non contribuire alla diffusione di strumenti finalizzati all’arricchimento culturale dei giovani, che, spesso, seppure dispongano delle possibilità economiche, non sempre si dimostrano interessati alla crescita in conoscenza.
Università e ricerca
Premessa
Si dovrebbe discutere di più delle cose che mancano che di quelle che ci sono. Infatti, su università e ricerca solo poche misure e con effetti finanziari sostanzialmente neutri o di poco conto ad eccezione delle risorse stanziate, ma solo per il 2024 e 2025 per le borse di studio. Manca quindi qualsiasi investimento su questi due settori strategici, che sono fortemente sottofinanziati rispetto al contesto internazionale. Inoltre, considerata la tempistica del rinnovo del CCNL “Istruzione e Ricerca”, ci si aspettava almeno che ci fosse il riscontro dell’impegno assunto da due ministri dell’attuale governo nell’intesa sottoscritta al Ministero dell’Istruzione il 10 novembre sulla valorizzazione professionale del personale degli enti di ricerca non vigilati dal MUR e sulle altre principali criticità del rinnovo, dalla piena disponibilità per la contrattazione nazionale delle risorse aggiuntive stanziate, alla situazione dei CEL e del personale delle Aziende Ospedaliero Universitarie.
Diritto allo studio universitario
Come è noto il comma 566 prevede per gli anni 2024 e 2025, un incremento di 250 milioni di euro del fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio (per studenti universitari e dell’istituzioni AFAM) mentre il comma 580 prevede il rifinanziamento del fondo per i contributi per le spese di locazione abitativa sostenute dagli studenti universitari fuori sede, per un importo di 4 milioni di euro per l’anno 2023 e 6 milioni di euro dall’anno 2024.
Sul tema del diritto allo studio universitario servirebbero interventi molto più incisivi, a partire dalle tasse universitarie pagate dagli studenti delle università statali, che in Italia pesano sulle famiglie per circa 1,5 miliardi di euro l’anno e che andrebbero abolite (come lo sono in diversi Paesi europei), considerato che il nostro Paese ha tra i livelli di tassazione studentesca più elevati e che si colloca al penultimo posto tra i Paesi UE come numero di giovani laureati. Per abolire le tasse universitarie naturalmente sarebbe necessario un corrispondente incremento dell’FFO. Per le borse di studio quanto previsto dal comma 566 è certamente un intervento importante, che potrà determinare una condizione migliore per i nostri studenti, anche se è molto ampio il divario di partenza rispetto al contesto internazionale, considerando che attualmente in Italia circa il 10% di studenti beneficia di una borsa di studio, contro il 25% della Germania, il 30% della Spagna, il 40% della Francia. Per quanto riguarda l’emergenza abitativa si ritiene necessario un incremento ben più significativo del fondo per il contributo agli studenti fuori sede, come necessario appare implementare molto di più i finanziamenti statali per la costruzione di nuovi alloggi e per la ristrutturazione delle strutture esistenti.
Progressioni di carriera per ricercatori e tecnologi degli EPR vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca
Con il comma 573 si prevede una modifica alla disposizione della scorsa legge di bilancio che prevedeva la ripartizione delle risorse stanziate (40 milioni di euro) agli Enti di ricerca vigilati dal MUR entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore delle disposizioni relative alla messa ad esaurimento dei profili di ricercatore e tecnologo di terzo livello. Poiché la messa ad esaurimento del terzo livello dei ricercatori e tecnologi non è più diventata legge, evidentemente si è valutato necessario superare tale previsione per poter operare il riparto delle risorse stanziate. Non di meno però, la disposizione prevista dal comma 574 presenta delle incongruenze rispetto al comma precedente perché prevede già l’anticipazione di un criterio per il riparto delle risorse che oltretutto non è condivisibile, poiché è previsto in proporzione alle risorse ordinarie assegnate ai singoli Enti e non in proporzione al numero dei ricercatori e tecnologi di terzo livello in servizio, criterio quest’ultimo che avrebbe garantito uguali possibilità di carriera indipendentemente dall’Ente di appartenenza. A riguardo è da segnalare l’evidente assenza di una visione unitaria dell’intero sistema degli Enti pubblici di ricerca e il fatto che le risorse per la valorizzazione del personale, sia ricercatore e tecnologo che tecnico amministrativo, siano state previste esclusivamente per gli enti vigilati dal MUR rimane inaccettabile e determina il rischio concreto di ingiustificabili disparità di trattamento con i lavoratori che operano negli enti di ricerca vigilati dagli altri ministeri. Tutto ciò, se non si pone rapidamente rimedio, rende di fatto non sottoscrivibile il CCNL relativo al personale degli Enti pubblici di ricerca attualmente in discussione all’ARAN.