I dati della Commissione europea relativi al 2016: oltre 520mila gli studenti che hanno rinunciato a conseguire la laurea. A livello continentale numero maggiore soltanto in Francia
ROMA – Ci hanno provato, ma hanno abbandonato gli studi prima di conseguire la laurea. La Commissione europea per l’anno 2016 ne ha contati oltre mezzo milione in Italia: ex studenti che non hanno completato gli studi universitari. Ed è probabilmente anche per le troppe defaillance all’interno degli atenei che il Belpaese figura agli ultimi posti nella classifica dei paesi europei per numero di laureati. Ma tra i primi Paesi per interruzioni della frequenza universitaria. Lo studio è stato pubblicato l’altro ieri dalla banca dati Eurostat di Bruxelles, con tanto di cifre e motivi che hanno indotto ragazze e ragazzi a dare forfait. Due anni fa i giovani in possesso di diploma di scuola superiore che hanno iniziato gli studi universitari senza concluderli erano in Italia 524mila. Un numero superiore a quasi tutti i paesi del Vecchio continente, Francia e Turchia escluse.
Ma per comprendere il reale peso dei dati assoluti è bastato confrontare il numero di coloro che hanno abbandonato gli studi universitari con l’intera popolazione, già diplomata, nella stessa fascia d’età. Per scoprire che il nostro Paese figura nella parte alta della classifica. Erano infatti 9 su cento i giovani italiani che hanno tentato di acciuffare una laurea ma che non hanno portato a termine gli studi. In ambito europeo ci si ferma poco al di sopra del 6 per cento. E Paesi come Germania, Spagna, Regno Unito e Portogallo, diretti competitor a livello economico, sciorinano tassi da fare invidia: 1,7 per cento dei tedeschi, 5,4 per cento degli inglesi e 6 per cento per la Spagna. Solo la Francia mostra un poco lusinghiero 17 per cento di dropout.
I motivi che inducono ad allontanarsi dalle aule universitarie sono svariati. Gli esperti della commissione li hanno sintetizzati in cinque categorie. Il grosso dei ragazzi (pari al 36,8 per cento) che lascia dopo uno o più anni di lezioni ed esami è spinto fuori dagli atenei “dal desiderio di lavorare”. Oltre un quarto (il 27,3 per cento) è rimasto deluso dalle proposte universitarie e dai piani di studio dichiarando che “lo studio non ha soddisfatto bisogni e/o interessi”. Seguono coloro che hanno dovuto rinunciare al sogno della pergamena per problemi di salute, di famiglia (o altro): il 18,1%. E chi (il 9,5 per cento) non ha saputo superare non meglio precisate “difficoltà”. Relativamente pochi i ragazzi che hanno abbandonato per “motivi economici”: l’8,3 per cento. Ma comunque in numero maggiore rispetto alla media Ue, pari al 6,7 per cento.
In Europa, le causa che mietono più vittime sono i problemi familiari e di salute, il 29 per cento. Seguiti dal desiderio di lavorare (e probabilmente di guadagnare prima possibile) che accomuna il 24 per cento dei giovani. Col 22,6 per cento troviamo l’insoddisfazione nei confronti delle tematiche studiate. Seguite dalle “difficoltà” che figurano al 17,6 per cento. E poi i problemi economici. Per effetto dei troppi abbandoni universitari l’Italia è lontana dagli obiettivi europei in materia di laureati. Con “soli” 26,5 laureati ogni cento 30/34enni, nel 2017, riusciamo a sopravanzare solo la Romania, che ci segue per pochissimo: 26,3 per cento. E siamo lontanissimi dalla media europea, che sfiora il 40 per cento, e dal Regno Unito che vola al 48,5 per cento.
Fonte: la Repubblica.it, articolo di Salvo Intravaia del 06/04/2018